La bambina ribelle: un libro sul Pakistan fra tradizione e libertà
Il silenzio di una stanza buia, il silenzio di un cuore trucidato dal dolore. La sofferenza della perdita: quella di una madre, e di una sorella. Si aprono così le prime pagine de La bambina ribelle, un libro che racconta la vita di una donna divisa fra due culture e due mondi.
Saira è distesa nel letto e tiene fra le braccia Sakina, la bimba di soli 6 anni alla quale la mamma è stata strappata via brutalmente. Proprio di fronte ai suoi occhi, da un sentimento scevro di ragione e umanità. Solo perché lei era una donna con la pelle un po’ più scura e con i bei capelli corvini coperti dallo hijab.
Un libro sul Pakistan odierno: “La bambina ribelle” di Haji Nafisa è il racconto di una donna indo-pakistana nata in America e divisa fra due mondi
Da questo incipit in medias res, il lettore viene poi portato indietro nel tempo. Agli anni in cui Saira era ancora una bambina e giocava vivacemente con Ameena, la sorella maggiore di quattro anni. Ai tempi in cui le due sorelle si contendevano a suon di urli e spintoni un carillon nella grande casa di Los Angeles.
Due sorelle, lo stesso sangue e due temperamenti completamente differenti che aiuteranno l’autrice nell’intento di descriverci due mondi così distanti e così vicini. Da una parte l’America, emblema del vivere occidentale, e da quella opposta il Pakistan islamico, un paese giovane da poco nato dalla scissione dell’India.
Di cosa parla questo libro
Il racconto assume i toni di un diario in cui la protagonista ci descrive, bandendo ogni imparzialità, la sua vita. Divisa fra le difficoltà dell’essere una desi americana, con tutti gli annessi doveri comportamentali di cui la madre si erge a giudice intoccabile, ed un’adolescente – una donna – curiosa ed indipendente. Una donna volenterosa di sperimentare tutti gli stimoli del mondo e determinata a raggiungere i suoi obbiettivi.
Obbiettivi che nulla hanno a che fare con quelli progettati per lei dalla sua famiglia, che non perde occasione per organizzare incontri con ipotetici mariti e per risaltare la perfezione di condotta di Ameena, la sorella religiosa e felicemente sposata con un bravo medico pakistano.
Saira, lei non vuole sposarsi. Lei vuole indossare i pantaloni, recitare nel musical della scuola, ubriacarsi al college e diventare una giornalista. Hanno un sogno, lei e Moshin, il cugino che vive in Inghilterra e che ama la fotografia. Un sogno che entrambi realizzeranno solo con il coraggio di ribellarsi a tutto e a tutti.
Il racconto viene abilmente dipanato dall’autrice fra tuffi nel passato e immersioni nel presente. Il passato assume la forma di racconti legati alle vicende dei nonni paterni, entrambi uomini che hanno avuto il coraggio di sottrarsi alle norme sociali e di battersi per l’amore e per i grandi valori. Il presente, invece, è costellato da moltissimi personaggi, ognuno dei quali incarna un po’ un tratto dell’una o dell’altra società.
Abbiamo così il cugino pakistano che si dichiara omosessuale, subendo l’esilio dal padre e dedicando la vita a testimoniare la condizione dei deboli e degli oppressi di ogni parte del mondo. La zia zitella che insegna letteratura europea e americana alle studentesse dell’università di Karachi, libera da vincoli matrimoniali e simbolo di libertà ed emancipazione per Saira. La nonna fedele fino all’ultimo respiro ai precetti dell’Islam e al ruolo che non ha mai scelto e che le è sempre stato imposto.
Foto di khalidgd
Perché dovreste leggere “La bambina ribelle”?
Vi consiglio questo libro perché saprà accompagnarvi in un modo delicato e mai sofferto nell’approfondimento di un mondo, di una cultura, che ci circonda ogni giorno e di cui ancora conosciamo così poco.
Una storia che prende avvio con lentezza, a tratti un po’ confusa, ma che diverrà sempre più coinvolgente. Ricca di colpi di scena e di sviluppi inaspettati che vi faranno montare il desiderio di proseguire nel racconto per scoprirne sempre di più.
E in fondo, ve lo consiglio soprattutto perché è una storia che ci parla di un sentimento impossibile da annientare. Non dall’odio, non dallo scontro, non dalla lontananza, non dall’orgoglio.
Ci parla dell’amore, ma di quell’amore universale che lega le persone nel profondo, a prescindere dalla loro volontà.
L’amore di una madre per una figlia non voluta. Quello per una sorella che imbocca strade opposte alla retta via. Quello di una donna per il proprio paese nonostante le sue contraddizioni. L’amore di un figlio verso un padre che lo ha abbandonato per dedicarsi a salvare il mondo.
Sono sicura che in tutti voi, viaggiatori indomiti come me, questo libro sul Pakistan, su un paese che non è geografia ma è storia, cultura, persone, sentimento, coraggio…lascerà molto più di un segno. Qualcosa di cui non vi renderete conto se non alla fine di tutto, quando anche l’ultima frase sarà stata interiorizzata.
E lo farà in un modo tutto suo: vi donerà un grande insegnamento.
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