Il rientro dopo un anno in Australia: cosa si prova?
Ci siamo. Se ci penso, ancora non me ne rendo conto. È ancora troppo fresco il ricordo delle giornate passate in terrazza mentre mi concentro a redigere il perfetto resume australiano, con gli opossum e i pappagalli che scorrazzano attorno a me. Colma di aspettative, intrisa di eccitazione e di tantissima curiosità. E invece, sono già trascorsi 12 mesi da quel dì. Un anno in Australia dipanatosi così in fretta che ho la sensazione di essere stata risucchiata in un vortice temporale che da quel famoso 27 aprile 2019 mi ha risputata direttamente qui.
La difficile scelta del rientro dopo un anno in Australia: dallo shock del cambiamento all’emozione del ritorno a casa
Circa 12 ore fa, un volo della Qatar Airways mi ha riportata a casa, laddove 365 giorni addietro, oggi, stavo impazientemente organizzando gli ultimi dettagli della più grande avventura di sempre. Emozionata dalle mille possibilità che si espandevano di fronte a me. Una bambina gioiosa in un grande prato verde colmo di bellissimi tulipani da cogliere.
Che dire? Troppo presto per redigere un bilancio. Ancora non riesco a metabolizzare il mutamento. Perché il ritorno a quella che per me è sempre stata la NORMALITÀ, rappresenta ora il cambiamento forse più grande che abbia mai dovuto affrontare.
Durante le lunghe ore di viaggio da poco trascorse, ho riflettuto su quanto sarebbe stato difficile abbandonare la mia routine australiana. Probabilmente molto più di quanto lo sia stato ai tempi con l’Italia. Perché tutto ciò che posseggo in quella terra è frutto del mio lavoro, dei miei sacrifici, di un percorso che IO stessa ho compiuto e scelto. Un cammino che mi ha portata ad avere la mia piccola prima vera casetta, organizzata a modo mio, con il mio disordine e la mia curiosa quanto illogica metodicità. Un cammino che mi ha condotta alla prima convivenza con il mio ragazzo, alla nostra prima vita insieme H24. E a tutto quel piccolo grande mondo che ruota attorno ad ogni semplice esistenza: le abitudini giornaliere, il supermercatino proprio sotto casa, il modo di disporre gli alimenti nella dispensa, le lavatrici del sabato mattina, la lezione di yoga, le passeggiate sul fiume.
Dubbi e perplessità sul rientro a casa: avrò preso la decisione giusta?
Non so dirvi se la scelta del ritorno sia stata quella giusta. In un periodo macchiato da incertezze come quello odierno, nell’epoca del COVID-19 e delle predizioni di una quasi certa futura recessione economica…la parte generalmente più ignorata di ME…ha avuto la meglio. Uscita da un letargo in cui da secoli sembrava relegata. Quella componente razionale, cauta, riflessiva. Non di certo il cuore o l’istinto, non l’impulso del momento. Non i sogni.
Ci voleva una pandemia globale, per farmi ragionare con il buon senso? Questo mi direbbe il mio papà. A quella figlia ingenua e fiduciosa, che ancora a inizio marzo pensava di poter volare in Indonesia e scalare vulcani all’alba. A dispetto di ogni epidemia.
Chi può saperlo, cosa sia giusto?
In quei momenti di indecisione, il pensiero delle calde braccia di una famiglia desiderosa di riaccogliermi è stato come un dolce miraggio che non sono riuscita ad ignorare. In un frangente di grande instabilità lavorativa ovunque nel mondo, la sicurezza di un impiego fisso e comunque apprezzato, è una pedina che mi è stato impossibile sacrificare.
Cosa ha rappresentato per me un anno in Australia?
Un anno in Australia, il sogno di molti e il traguardo di pochi.
L’Australia, ad oggi per me rappresenta la culla delle contraddizioni. Il mondo dei paradisi in terra e delle catene invisibili. La patria dell’accoglienza e dei muri invalicabili.
E sicuramente, il paese delle grandi opportunità.
E non parlo di opportunità di guadagno e carriera, ma di occasioni di vita in senso universale. Ho avuto una possibilità immensa, la fortuna di poter vivere un anno straordinario, un’esistenza per una volta al di fuori di ogni schema.
Il grande prestigio di aver potuto congelare tutto per 12 mesi e ripartire da zero.
Trasferirsi in Australia, dall’altra parte del globo, è stato un po’ come avere a disposizione un’immensa lavagna vuota sulla quale tu solo hai il potere di tracciare il disegno della tua vita. Come la desideri. A tuo piacimento. Senza linee guida, senza doveri o aspettative altrui da rispettare.
Senza la paura di fallire, perché comunque un anno in Australia sarà sempre e solo una grandissima conquista.
Questo è stato il mio grande traguardo: l’aver dedicato tutto questo tempo a ME e a me soltanto, ai miei progetti, a sviluppare le mie passioni. Anche sbagliando, spesso, e correggendo il tiro di volta in volta. Un anno in cui è esistita solo Valentina: non la figlia, non la dipendente, non la studentessa, non la collega o l’amica.
E non si tratta né di egoismo né di egocentrismo, tutt’altro. Questi mesi lontani da tutto e da tutti, mi sono serviti ad apprezzare ancor di più quanto avevo lasciato sospeso nella dimensione precedente. E a comprendere davvero in quale direzione ora debba progredire la mia vita.
La strada adesso è tracciata.
Non avrei mai potuto approdare a questa verità, se non distaccandomi completamente da un mondo troppo scontato e conosciuto e lanciarmi a capofitto in questo vortice ignoto.
Quindi, è così…è ancora molto presto per stilare un bilancio. Ma non lo è per ringraziare l’Universo per avermi regalato questa incredibile esperienza!
GRAZIE UNIVERSO! E GRAZIE AUSTRALIA!
Chissà se questo addio sarà un commiato…o solo un arrivederci.
Nel mentre torniamo a casa, e continuiamo a progettare le prossime fughe nel mondo!!
E per il bilancio effettivo, quello che tutti si aspettano sui pro e i contro di un trasferimento in Australia…ci risentiamo nei prossimi giorni. Al momento, ancora in me non è abbastanza chiaro.